Quanta parte del traffico internet da dispositivi mobili passa dalle app? Una porzione sempre crescente del totale. Lo evidenziano i dati diffusi qualche mese fa da Flurry: l’86% del tempo speso online dai navigatori mobili statunitensi passa dalle applicazioni, dato in netta crescita rispetto all’80% del 2013.
E in Italia? Il dato è praticamente identico: Audiweb View, nei dati sulla total audience di giugno 2014, ci dice che il totale di minuti spesi sul mobile web dal pubblico italiano è pari a 42.488.653.000; le mobile apps prendono una fetta pari a 35.757.062.000. Esattamente l’84%.
Cosa vuol dire questo boom? Innanzitutto che le app sono diventate parte della nostra vita di tutti i giorni: le usiamo per comunicare, per cercare soluzioni (ad esempio di mobilità), per leggere recensioni sui luoghi, per acquistare. Una chiave di lettura della tendenza a integrare le app in tutti i nostri processi di fruizione dei media digitali viene offerta da un articolo di recente pubblicato su Digital Examples: alcune applicazioni sono diventate così popolari e così un punto di riferimento che vengono integrate in altre app o all’interno dei siti. È esattamente lo stesso processo che ha portato le mappe di Google ad essere presenti ormai su tutte le property web che fanno riferimento a luoghi fisici. Le app per la mobilità sono leader in questa tendenza, a cominciare da Uber, le cui API hanno già prodotto un numero significativo di integrazioni. Devi andare fuori a cena? Clicca qui e chiedi a Uber un autista per venire a prenderti e portarti a destinazione. Cerchi una camera d’albergo? Usa l’app di Hyatt, prenota e chiedi con un tap che un autista Uber ti porti all’hotel. Hai voglia di un caffè? Doppia opzione: c’è l’autista che ti porta da Starbucks; oppure quello che ti porta direttamente il caffè.
Altra chiave di lettura per il boom del mobile web è il modo in cui la pubblicità sta reagendo. Se il tempo speso sulle app e sull’internet in mobilità è in continua ascesa, ci aspetteremmo che i budget pubblicitari stiano adattandosi in modo naturale: in effetti, il tempo speso su ciascun media dovrebbe essere la principale “moneta” per valorizzare uno spazio appetibile per i pubblicitari. E il tempo speso sul mobile web ha ormai superato il tempo speso sul “desktop web”, sia negli Stati Uniti sia in Italia. Invece, la pubblicità sta tardando molto ad adattarsi, per una serie di ragioni. La prima è che i tassi di crescita sono tali che i formati pubblicitari non fanno in tempo ad adattarsi: negli Stati Uniti, che guidano solitamente il mercato mondiale, per il 2014 si stima che il 28% dei budget vengano dedicati al digitale; ma di questo 28% meno del 10% sarà dedicato al mobile; tutto questo nonostante una crescita dell’83% rispetto al 2013. L’altra ragione è che i player sono tanti e in continua evoluzione. Anche gli ultimi processi di consolidamento hanno semplificato solo in parte il quadro: Google ha acquisito Waze, che va a sommare ad altre app di sua proprietà e grande successo, come YouTube e Maps; Facebook ha acquisito Instagram e Whatsapp. Nel frattempo però, sono nate altre app di messaging, si è rafforzato Twitter, sono cresciute Spotify e altre app di streaming musicale. Il risultato è un mercato con molte asimmetrie, come dimostra perfettamente l’elaborazione di Flurry ed eMarketer qui di fianco. Attenti a Google. È stata brava a portare su mobile tutto il suo Adwords senza preoccuparsi più di tanto di adattarlo al nuovo mezzo, salvo aggiustamenti successivi: e oggi guadagna molto più di quanto sarebbe lecito attendersi!