Kit Kat, celebre marchio di snack al cioccolato della multinazionale Nestlé, è in questi giorni protagonista di due controverse campagne, di segno radicalmente opposto. La prima, ben raccontata sul sito olandese Kit Kat – Jesus, ma risalente ormai a un anno fa (Pasqua 2009), è una sorta di mix di viral, guerrilla e pr, capace di trasformare in notizia la fantomatica scoperta del volto di Gesù su una barretta morsicata di Kit Kat. Difficile dire quanto l’imponente coverage registrato dalla notizia sia stato naturale o costruito ad hoc. Quanti media sono così ansiosi di pubblicare gratuitamente la notizia di un’apparizione divina all’interno di una barra di cioccolata (ben specificandone la marca)?
Ecco un assaggio dei siti di news che hanno dedicato spazio alla notizia:
– Metro UK
– Gizmodo
– Current
– The Sun
– Courier Mail Australia
La seconda campagna che ha per protagonista Kit Kat… non è una campagna Kit Kat. Si tratta infatti di una iniziativa, in questo caso molto più recente, di Greenpeace che si scaglia contro Nestlé e il suo brand. Citando dal canale YouTube di Greenpeace Italia:
In prodotti come Kit Kat, Nestlé utilizza olio di palma proveniente dalla distruzione delle foreste torbiere indonesiane, contribuendo , allestinzione degli ultimi oranghi e ai cambiamenti climatici.
La posizione è ben argomentata dal video che segue, forte ma efficace:
Proviamo a sommare gli effetti della prima e della seconda comunicazione:
Kit Kat Jesus è un’operazione probabilmente valida quanto a risultati e ad efficacia “media” nei paesi del Nord Europa, molto più difficile da accettare in posti dove scherzare con la religione può essere visto come offensivo e di cattivo gusto (figuriamoci se lo si fa per fare pubblicità a una marca di cioccolata).
L’accusa di Greenpeace, fondata o infondata che sia, è pesante.
Insomma, Kit Kat ne esce con le ossa rotte.