Già parecchie settimane prima del Superbowl e della romantica vittoria dei Saints di New Orleans, il mondo della pubblicità si interrogava sui cambiamenti radicali che sarebbero scaturiti dall’edizione 2010. L’abbandono di brand storici (FedEx, General Motors, Pepsi), che negli anni passati non perdevano per nulla al mondo la possibilità di occupare uno dei break pubblicitari più ambiti al mondo, per molti celebrava il passaggio ad una nuova era: per Pepsi, ad esempio, la lettura da parte di quasi tutti è stata: – advertising + Facebook e social media.
Tale lettura viene sostanzialmente confermata dal post di Sara Zucker su Brand Channel. L’articolo introduce però anche un’altra chiave di lettura, ben rappresentata dal video di seguito.
Sicuramente Pepsi sta concentrando buona parte dei suoi sforzi su Facebook e sui social network, dove può parlare con ragionevole certezza al suo pubblico finale. Il cambiamento però è anche un altro: i brand sono alla ricerca di piattaforme di comunicazione, siano esse progetti di cause related marketing, e-commerce, crowdsourcing, crm o brand experience. Le piattaforme di comunicazione consentono di moltiplicare i canali di coinvolgimento dei consumatori, fermi restando l’idea e il progetto di fondo. Il migliore teorico di questa lettura è senza dubbio Garrick Schmitt, che su Ad Age riporta vari esempi di questo trend, con i casi di Procter & Gamble, Mattel, Nike, Lufthansa e altri; ma sottolinea anche come il “fenomeno dello spot del Superbowl” continui ad avere tutte le carte in regola per vivere di lunga vita.
Ecco allora uno dei famosi spot dell’edizione 2010, prima in versione teaser (pre-Superbowl); poi in versione finale. Protagoniste: le gomme Bridgestone, un auto, un guidatore con i suoi amici e… una balena.