Il dibattito, in rete e non solo, è molto acceso quando si parla di segmentazione dei consumatori, di tecniche per targetizzare la comunicazione con sempre maggiore precisione, di modi per identificare cluster e gruppi in base ai loro comportamenti. Qualche tempo fa, un articolo di Advertising Age scritto da Michael Fassnacht ha ipotizzato che la consumer segmentation così come la intedevamo stesse ormai morendo. Troppo articolato è lo scenario di fruizione di media, contenuti, interessi in cui si muovono i consumatori di oggi.
Fassnacht ha identificato le best practice di comunicazione “rilevante” per il pubblico nelle attività di due esperti di creazione dei prodotti giusti per gli utenti giusti: Amazon e Apple. Queste aziende sarebbero molto più focalizzate sulla costruzione di relazioni “rilevanti” che nella micro-segmentazione dei loro clienti in base ad attributi di qualche tipo. Allo stesso modo, Facebook e Google non sono tanto dei “segmentatori” quanto degli abilitatori di auto-segmentazione e auto-identificazione da parte degli utenti dei loro servizi.
Sullo stesso tema, un interessante blog post arriva da Mary Lou Roberts, che aggiunge alle osservazioni di Fassnacht la possibilità di comunicare coinvolgendo i consumatori grazie a una sorta di expanded permission: “Ask registrants what they really want to get from you and how often. That would let them self-identify, at least to the extent you offer options/segments that are relevant to them.”
La ricerca di tecniche e modalità intelligenti di parlare a consumatori auto-segmentati è appena cominciata…